Mezzo secolo di strabismo della magistratura.

Ottima ricostruzione
di Mario Adinolfi

Il 9 marzo 1977 fu Aldo Moro, che l’anno successivo sarebbe stato eliminato dai comunisti combattenti, ad alzarsi in Parlamentoe pronunciare con lucida durezza rivolgendosi ai deputati del Pci la frase: “Onorevoli colleghi, che ci avete preannunciato il processo sulle piazze, vi diciamo che noi non ci faremo processare”. Purtroppo non andò così. Il caso Lockheed si concluse con una campagna mediatica e politica dai toni più feroci di un processo che costrinse il 15 giugno 1978 il presidente della Repubblica, Giovanni Leone, alle dimissioni. Tutti oggi riconoscono la sua assoluta innocenza, Pannella e Bonino nel 1998 gli inviarono una lettera di scuse. Moro era stato già processato nella “prigione del popolo”, condannato a morte e ucciso il 9 maggio 1978. Nell’inchiesta Lockheed avevano tentato di coinvolgere anche lui sotto il nome in codice Antelope Cobbler. Il 15 marzo sera con il suo braccio destro Corrado Guerzoni, Moro valuta di rispondere alla campagna diffamatoria. Il 16 marzo mattina c’è la strage di via Fani.

Negli Anni Ottanta la campagna mediatica monta: democristiani e socialisti sono ladri che stanno saccheggiando il Paese. Nel 1986 Beppe Grillo nello show di maggiore ascolto della Rai pronuncia la nota battuta: “Se in Cina sono tutti socialisti, a chi rubano?”. Cade il Muro di Berlino il 9 novembre 1989, viene ammainata per sempre la bandiera sovietica il 25 dicembre 1991, il Pci si trasforma in Pds e l’unica arma che può usare è la magistratura ampiamente dominata da un gruppo di giudici esplicitamente di sinistra raccolti nella corrente denominata Magistratura democratica fondata nel 1964. Tra i fondatori c’era Francesco Saverio Borrelli. Il 17 febbraio 1992 la procura di Milano da lui guidata con l’arresto del socialista Mario Chiesa avvia l’inchiesta Mani Pulite, nel pool due pesi massimi di Magistratura democratica come Gherardo Colombo e Gerardo D’Ambrosio che poi diventerà parlamentare del Pds. Il 5 aprile 1992 si tengono le elezioni politiche, le vincono Dc e Psi, ma Craxi è ormai nel mirino dei magistrati milanesi e viene costretto a indicare un suo collaboratore per la presidenza del Consiglio. Sarà Giuliano Amato, poi pure lui si dimetterà dopo un anno.

Una feroce campagna guidata dal già responsabile giustizia del Pci, Luciano Violante, magistrato comunista entrato in Parlamento, aveva portato un altro presidente della Repubblica a dimettersi il 25 aprile 1992. Francesco Cossiga sarà la prima vittima di unj JJ uragano che tra monetine al Raphael e giustizialismo strabico della magistratura vedrà cancellati nel corso del 1993 i cinque partiti che governavano avendo vinto le elezioni del 1992: Dc, Psi, Pli, Psdi e Pri non presenteranno il simbolo alle politiche del 27 marzo 1994, le loro classi dirigenti furono tutte messe sotto inchiesta e abbattute dalla magistratura, Craxi minacciato di arresto fuggì in Tunisia. Andreotti accusato di essere il referente politico della mafia e di aver orchestrato una serie di omicidi a partire da quello del giornalista Mino Pecorelli, si difese partecipando puntigliosamente ad ogni udienza nei suoi processi che si sono conclusi solo nell’ottobre 2004 con l’ultima assoluzione in Cassazione.

Travolti i partiti di governo di mezzo secolo di prima Repubblica, gli eredi del Pci hanno continuato ad avere quel piccolo solito problema: perdere sempre le elezioni. Quelle del 1994 le aveva vinte un nuovo avversario, Silvio Berlusconi, ora presidente del Consiglio. Per poco però, Borrelli fu ben felice di inviargli dalla procura di Milano un invito a comparire il 22 novembre 1994, facendolo anticipare il giorno prima del Corriere della Sera diretto da Paolo Mieli, indimenticato leaderino di Potere Operaio negli anni in cui lo stesso Borrelli fondava Magistratura democratica. Berlusconi scopriva così le attenzioni dei giudici milanesi, quella era l’inchiesta Telepiù, fu assolto. Ce ne furono altre diciotto, sempre assolto, per trentadue processi complessivi l’ultimo dei quali (Ruby ter) concluso con assoluzione il 15 febbraio 2023 quattro mesi prima della sua morte. Per una sola condanna definitiva ottenuta nel 2013 per frode fiscale, la magistratura si tolse la soddisfazione di vedere Berlusconi cacciato dal Senato. Fu riabilitato nel 2018 e rieletto prima europarlamentare, poi di nuovo senatore nel 2022.

Nel mirino dei magistrati sono finiti sempre e solo avversari politici della sinistra in Italia. Sono stati arrestati una serie di presidenti di Regione da Formigoni a Cuffaro fino a Toti. La figlia di Craxi ha evocato ieri le mafie per descrivere la modalità di controllo del territorio da parte del potere di sinistra in alcune regioni che non hanno mai conosciuto l’alternanza, ma per i magistrati mai nessun problema. Durante Mani Pulite arrestarono il dirigente Primo Greganti, ma i magistrati si fecero andare bene la versione che incassasse denari per sé e non per il Pci-Pds. Il teorema “non poteva non sapere” su cui venne impiccato Craxi e tutta la classe dirigente della prima Repubblica, per Occhetto e D’Alema non valeva. Altri esempi? Quando Gianfranco Fini doveva essere utilizzato nel 2011 per abbattere Silvio Berlusconi, il palese scandalo della casa di Montecarlo venne messo a tacere coniando l’espressione “macchina del fango”. La condanna a 2 anni e 8 mesi per riciclaggio è arrivata solo il 30 aprile 2024.

Gli Anni Venti hanno messo nel mirino Matteo Salvini prima con l’inchiesta Open Arms e ora il governo di Giorgia Meloni per l’operazione Albania, stoppata dalla magistratura. Il ministro Nordio, ex pm assai inviso alla sinistra perché osò provare a intaccarne i santuari, si è permesso di ricordare che i giudici dovrebbero limitarsi ad applicare la legge perché è la politica che è depositaria del potere di produrre le norme. Ma Magistratura democratica teorizza da anni che contro una “politica insufficiente o corrotta” sono i giudici a dover esercitare la “supplenza”. Il conflitto è evidente e solidificato, mezzo secolo di inchieste strabiche con l’occhio rivolto solo da una parte (persino l’Udeur di Mastella fu ucciso perché da ministro pensava a una riforma, gli arrestarono la moglie) certificano uno scontro pervicacemente ricercato con meccanismi eversivi rispetto al libero confronto democratico.

L’ultima esondazione riguarda i cosiddetti “diritti civili” e arriva dritta ai vertici della Corte Costituzionale, che oggi non a caso è presieduta da un fu parlamentare del Pci e del Pds, così come il Csm è stato guidato dal responsabile Giustizia del Pd. Scrive Nello Rossi, leader di Magistratura democratica sulla testata della corrente che si chiama Questione giustizia: “In società in cui ciascun individuo può ritrovarsi a far parte di una delle molte minoranze che compongano la collettività è fortissima l’esigenza di una magistratura che assolva un incisivo ruolo di garanzia dei diritti individuali e della dignità delle persone. A mero titolo di esempio penso all’affermazione di diritti dolorosi come quelli relativi al fine vita; alle soluzioni offerte sul terreno dell’eguaglianza di genere; alla protezione di diritti umani fondamentali come nel caso dei migranti; alle azioni a tutela dei risparmiatori e delle finanze pubbliche in contesti finanziari sempre più complicati e vorticosi”. Ecco, questo “incisivo ruolo” è preteso e agito attraverso inchieste e sentenze strabiche perché mirate in un’unica direzione che prescindono dalla volontà espressa dal popolo italiano, anzi spesso ribaltandola (lo si vedrà presto sulla questione utero in affitto).

Poiché io non credo che da mezzo secolo tutti gli oppositori della sinistra che hanno governato, da Aldo Moro a Matteo Salvini passando per Andreotti e Craxi e Berlusconi, siano stati una banda di malfattori mafiosi o corrotti contrastati da angelici comunisti e postcomunisti dediti al bene collettivo, ritengo che qui ci sia un enorme problema da correggere, una stortura da raddrizzare. Il male sempre e solo da una parte con l’altra, candida, a perseguitarlo può essere la narrazione dell’Espresso di Camilla Cederna, di Repubblica di Eugenio Scalfari e successori, dei figli del Sessantotto e del Settantasette che ancora governano la sclerotica informazione dominante in Italia. Ma non è una narrazione credibile, specie se si fa potere con antidemocratiche inchieste o sentenze. Questo conflitto va regolato.

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