Sound of Freedom

Stasera ho finalmente visto “Sound of Freedom”. È già stato detto tutto, che cosa posso aggiungere? Che è un capolavoro perché narra una storia vera, perché è un piede di porco per scardinare il muro di omertà in materia di pedofilia, perché questo film è stato censurato, cioè acquistato per non essere proiettato, e quando dopo qualche anno ne ha rilevato i diritti la Angel Studios ha incassato una barca di quattrini, facendo probabilmente mangiare le dita alla Disney che voleva, come detto, “nasconderlo”. È un capolavoro perché pur non facendo riferimento specifico a quale sia il mondo corrotto della pedofilia, ha suscitato lo sdegno di quell’ambiente che si è manifestato. E, a proposito di “manifestarsi”, che cosa ha scritto il Manifesto? “…La sottintesa contrapposizione fra sostenitori e «avversari» del film non può che rimandare alla brevettata strategia della nuova destra populista di proclamarsi nemici di segrete società di pedofili…”. Ovviamente il Manifesto non difende se stesso ma quel mondo che contrappone a quello che accusa di volersi contrapporre ad esso, impersonato dalla “destra populista”, avallandone così le presunte “teorie complottiste”. Teorie che coinvolgevano nell’inferno della pedofilia il circo di Hollywood, e allora probabilmente si capisce come mai la Disney abbia avuto il terrore di narrare questa storia vera che di per sé non fa riferimento alcuno a persone o partiti. Certo è che se Trump ne è rimasto entusiasta un motivo ci sarà, perché tutta l’area prolife considera l’aborto e la pedofilia il male assoluto. Coloro che hanno brindato alla decisione dello stato di New York di ammettere in determinate situazioni l’aborto a nascita parziale, possono forse commuoversi per la violenza sessuale sui bambini? Sarebbe come se Dracula svenisse mentre gli fanno un prelievo di sangue. Protagonista assoluto di questo film è Jim Caviezel, colui che anche senza la spiegazione finale che segue i titoli di coda, nella sua magistrale interpretazione fa capire che la storia è vera e sul set la vive esattamente come se ne fosse stato il protagonista reale. Del resto in “The Passion” lui era Gesù, e più che interpretare la sua Passione la viveva. È la verità il movente del successo al botteghino di questo film, e ciò dimostra che in un’era di fiction, di menzogne, di politicamente corretto e corrotto, di nani e ballerine al soldo del pensiero unico, alla fine il popolo conserva il seme della giustizia e della verità e non appena ne individua la strada cerca di percorrerla per incontrare la fonte dove poter finalmente spegnere la sete accumulata negli anni. Se non avete ancora visto il film correte al cinema e godetevelo, oltretutto è prodotto da Mel Gibson che mai sbaglia un colpo ed è stato importato in Italia dalla Dominus Production di Federica Picchi che pure lei ci azzecca sempre. Angel, Dominus, Gesù in The Passion, poteva il nemico del piano di sotto non averne a male? A tal proposito ecco una recensione assai indicativa: dice di Jim Caviezel che dopo aver interpretato Gesù, “il resto della sua carriera fino a oggi è stata nel mondo dei film sulla fede, una sottocategoria con un circuito tutto suo. Almeno negli Stati Uniti. È un mondo paragonabile a quello del porno: hanno contenuti estremi, raramente vanno nelle sale cinematografiche, una volta prosperava nel circuito home video, ora ha piattaforme dedicate, ogni tanto uno di questo film diventa più famoso degli altri e fa il salto nel mondo mainstream. A differenza del porno il loro pubblico non è così diffuso ma nondimeno è ben saldo…”. Insomma, se un film che parla di pedofilia viene accostato al porno per sminuirne la serietà, forse invece significa che senza farlo apposta una materia evoca, in chi scrive, quell’altra, e non c’è bisogno di Freud per coglierne la curiosa sottolineatura. Insomma la vera recensione a Sound of Freedom alla fine l’hanno fatta i “nemici”.

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